Ciao! Eccoci al decimo episodio di Filosofia dal Futuro.
In occasione dell’uscita italiana di Magia e Tecnica di Federico Campagna (TLON, 2021), il nostro Alessandro Y. Longo riprende le sue riflessioni sulla magia di questo volume.
Come credere ad un altro mondo possibile? Cosa significa reincantare la realtà?
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Guardavo, guardavo, guardavo questa pianta cercando di capire che cazzo scrivere e mentre la guardavo mi sono accorto che cercavo anche di capire: ‘che cazzo è ‘sta pianta? Quali sono le caratteristiche di questa pianta, che cos’è la cosa fondamentale di questa pianta?’ La risposta che mi sono dato è che la caratteristica fondamentale di questa pianta è che esiste. Ma poi mi sono accorto che non ero più in grado di aggiungere altro e non sapevo articolare il fatto che esistesse. Da qui è nata la roba sulla magia: in fondo l’ineffabile è l’esistenza. La pura esistenza delle cose, il fatto che le cose esistano in maniera misteriosa e autonoma.
Federico Campagna, intervistato da Yanez Magazine
Ho sempre avuto l’impressione che i segreti maggiori di Magia e Tecnica, opera misteriosa e dal fascino antico, si nascondessero nella seconda parte del libro, dedicata alla pars costruens e al sistema metafisico della Magia.
Magia, per il filosofo italiano, è un termine polisemico: essa è anzitutto una terapia, nel senso che ne ha dato l’antropologo italiano De Martino. Ben lontano dai significati che circondano la parola ‘magia’ nel nostro immaginario, per De Martino — Campagna cita l’opera ‘Il mondo magico’ — storicamente il ruolo di sciamani e stregoni nelle società arcaiche è stato proprio quello di superare la perdita di orizzonte che ha attraversato certe comunità. Per esempio, quando la modernità ha raggiunto certe aree rurali dell’Italia, è sembrato che l’armonia delle cose fosse perduta per sempre, che le relazioni tra esseri umani e natura si fossero disgregate e che nulla avesse più senso. Questo stato di krisis è stato affrontato non limitandosi ai problemi dell’individuo ma individuando nuovi ‘frame’, nuove cornici che dessero un senso a quanto succedeva. All’epoca, il mago era il terapeuta della realtà stessa:
“Quando un certo orizzonte sensibile entra in crisi, il rischio principale è costituito dallo sbriciolamento di ogni singolo limite: tutto può diventare tutto, cioè il nulla emerge. Ma la magia… interviene per fermare il caos emergente, e per risolverlo in un ordine”
Attraverso un sistema di realtà come quello tecnico, sono molte le ferite che il nostro mondo sta accumulando, dalle quali possono prendere vita orrori vecchi e nuovi. Per non farsi lacerare, occorre poter agire nel qui e ora, senza aspettare passivamente la rivoluzione. La magia di Campagna è una magia radicalmente anarchica e autonoma, un’affermazione della potenza della vita al di là delle sovrastrutture. La forza di questo aspetto del libro è la definizione di una vera cura del sé e del mondo che rovescia il frame in cui siamo gettati a vivere.
Per realizzare questo rovesciamento, occorre crederci e ribadire due fondamentali verità. In primo luogo, come ha espresso David Graeber in una famosa citazione, ricordare la natura intersoggettiva e contingente della realtà su cui ci affacciamo:
La magia è tutta qui: una consapevolezza viscerale di quanto la realtà sia un costrutto partecipato, una costruzione fragile e umana in cui tutti crediamo. La situazione è disperata ma non smetterà mai di poter essere differente. In secondo luogo, e qui seguiamo Fred Moten nell’intervista che chiude il volume Undercommons, si tratta anche di emendare questo mondo, di continuare a credere che la gioia sia ancora qui e possa ancora essere raggiunta:
“Come Deleuze, io credo nel mondo e voglio starci dentro. Voglio starci fino in fondo, perchè credo in un altro mondo nel mondo, e voglio essere proprio là. E ho intenzione di rimanere un credente, come Curtis Mayfield. Ma questo è al di là di me, e anche oltre me e Stefano [Harney nda] e fuori nel mondo, nell’altra cosa, nell’altro mondo, nel gioioso rumore dell’eschaton discacciato e cantato a ritmo di scat, c’è il rifiuto sottocomune della misera accademia dell’infelicità.”
L’altro mondo in questo mondo è la possibilità della Magia che giace al fondo del sistema della Tecnica, la vita ineffabile che scintilla tra le spire della gelida razionalità, la possibilità eterna del comunismo come forma di vita che si agita tra le rovine del capitalismo. Anche Campagna ribadisce che la Magia non è un mondo superiore rispetto al nostro, un platonico iperuranio dove giacciono le idee:
“Più neoplatonicamente, essa [la Magia nda] suggerisce che all’interno del mondo riposa una dimensione che al contempo sfugge sia alla mondanità che alla verità – trascendendo così la nozione stessa di trascendenza”
La Magia trascende la trascendenza ma supera anche la nozione popolare di immanenza: l’ineffabile è ricercabile nel mondo linguistico che viviamo tutti i giorni e tuttavia in qualche modo lo precede, come una fonte da cui sgorga un fiume. Luogo prima di ogni luogo, questa fons è indicibile e non concettualizzabile, come il Dio della teologia negativa:
“ll suo mondo è allo stesso tempo un mondo e nessun mondo, è sia linguaggio che silenzio, esistenza incommensurabile e presenza limitata, indistinzione ed essenza”
Il processo che dalla Tecnica porta alla Magia è ciò che abbiamo chiamato reincantamento, in un tentativo di attivare il pensiero di Campagna in un campo più ampio. Reincantare il mondo significa creare un nuovo kosmos, un ordine armonico per animare l’esistente, simile al “lavoro di una poetessa o di un poeta nell’imporre la metrica ai propri versi, per permettere al ritmo e al suono di brillare attraverso il testo, al di là della semantica”.
Agire per un nuovo inquadramento del reale è un atto di autonomia, un darsi la propria legge che supera ogni costrizione. L’atto autonomo presuppone che non esista un vero “esterno” rispetto al mondo formato dalla Tecnica: proprio per questo, vivere attraverso la Magia significa “essere fuori all’interno” e produrre diversità e incanti come “fluttuanti alternative”. La Magia è l’ombra che perseguita la Tecnica, la costante maledizione che ne impedisce la presa definitiva sul mondo. La Magia si vive come un segreto, una sorta di self-help (o cura del sé) esoterico, l’intima appartenenza ad un sistema che evita il solipsismo e la chiusura ombelicale - tipica delle tendenze tecnicizzati - e che sviluppa un linguaggio “sempre girato all’indietro, in cerca di una guida al di fuori di sé”.
Il movimento reincantato non coincide con il cedimento all’irrazionalità totale o con il rifiuto primitivista della tecnologia, piuttosto, è una pragmatica coincidentia oppositorum concettuale. Lo spiega molto bene Campagna citando un detto attribuito al profeta Maometto: “Fra il mio pulpito (minbar) e la mia tomba si spalanca un giardino, che è il giardino del Paradiso”.
Secondo quanto detto finora, il pulpito rappresenta la dimensione misurabile e razionalizzante dell’esistente, laddove le cose rientrano in categorie comunicabili e produttive: “il regno in cui le cose sono a portata di mano”. Dall’altra parte, la tomba rappresenta proprio quel regno di totale oscurità dove nulla ha un uso strumentale, dove l’ineffabile diventa totale e la ragione perde il suo potere analitico. La visione magica del mondo corrisponde forse a questa notte oscura? No, perché tra il pulpito e la tomba emerge il Giardino, l’intervallo tra pura ineffabilità e pura calcolabilità: il regno della metafisica magica. La Magia vuole far emergere il mondo, vuole farci credere nel mondo così com’è: calcolabile ma mai esauribile da questo calcolo, organizzabile ma mai fedele alle nostre organizzazioni, abitato da umani ma non riducibile alla loro razionalità. Costruire un mondo attraverso la struttura della Magia significa creare una cultura che permetta all’ineffabile di splendere attraverso i suoi costrutti linguistici. In questo senso, il reincantamento diventa principio costruttivista per quella che possiamo chiamare una razionalità empatica, adatta a sviluppare una scienza minore e un design dei limiti. L’esperimento di progettualità metafisica di Campagna coincide con il processo di reincantamento, vale a dire realizzare “una nuova modalità di vedere il mondo, quanto un nuovo modo di essere nel mondo”, un movimento oggettivo e soggettivo, la realizzazione di uno spazio in cui “gli esseri umani potessero vivere, agire e fiorire, salvi da ogni annichilente riduzione alla loro dimensione linguistica (quali le loro dimensioni economiche, produttive, mediche, etniche, identitarie, ecc.)”.
Il Giardino incantato non finisce mai di ricomporsi, di farsi e disfarsi e ha sempre bisogno della nostra manutenzione. E questo Giardino non è che il punto di partenza di una serie di sperimentazioni artistiche e tecniche, ingegneristiche e politiche, poetiche e scientifiche che contribuiscono ogni giorno a reincantare il mondo, a generare forze tali da rendere vivente un cosmo alternativo. Siamo convinti che l’opera di Campagna non predichi una rinuncia alla funzionalità come un possibile criterio, o alla necessità pratica di organizzare il mondo secondo sistemi comprensibili. Il frame magico non assomiglia all’ indifferenziazione totale quanto ad un fiorente giardino in cui le stesse innovazioni tecniche che oggi soffocano il mondo collaborerebbero a farlo crescere rigoglioso.